Soulstice – Il nostro provato prima del verdetto definitivo
Alla scoperta di Briar e Lute grazie alla demo presente su Steam
La prima volta che vidi il trailer di Soulstice – lo ammetto – ne restai piuttosto estasiato; non tanto perché al timone del titolo ci fosse un team italiano come i Reply Game Studios, quanto piuttosto perché si trattava di un qualcosa di molto, ma molto vicino a ciò che rispecchia i miei gusti. Stylish action game di questo stampo – parliamoci chiaro – se ne vedono oramai pochi, eccezion fatta per i soliti Devil May Cry (qui il nostro confronto tra il primo e il terzo) e Bayonetta (che vantano comunque una release ogni morte di Papa, ma va beh); territorio insomma in cui nessuno, o quasi, osa avventurarsi. Tornare poi ad un assetto molto più retro, abbandonato quasi in toto persino da questi ultimi, mi ha fatto come salire addosso una scimmia incredibile: quelle telecamere fisse che spesso esaltano il level design di un titolo nonché il suo comparto artistico, sapevano troppo di meraviglia.
E la trama; beh… sembrava avere tutti i tasselli al posto giusto.
L’equilibrio del Sacro Regno di Keidas viene infatti compromesso, proprio quando i feroci “Spettri” squarciano il Velo, portando con sé morte e distruzione. Questi sono soliti corrompere le proprie vittime spingendosi persino ad impossessarsi dei loro corpi, trasformandosi in mostri inarrestabili che danno la caccia alla gente comune. Le “Chimere”, quei guerrieri ibridi forgiati dall’unione di due diverse anime come Briar e Lute (due sorelle divenutevi), rappresentano l’unica speranza dell’umanità; cosi vicine eppure così diverse (mi verrebbe da dire). Già, perché Briar ha difatti acquisito una forza e una resistenza sovrumane, mentre Lute, che è stata sacrificata per legare la sua anima a quella della sorella, è diventata uno spirito dai poteri mistici; quasi come a volersi completare, se unite.
Entrambe verranno inviate in missione per riconquistare una città in rovina che è stata invasa dagli Spettri mentre l’Ordine a cui appartengono, però, ha in serbo per loro un piano decisamente più complesso.
E così l’altro giorno, durante l’Opening Night della Gamescom, quando venne annunciato il rilascio di una versione di prova su Steam, mi ci sono proprio gettato a capofitto su Soulstice e quello che è il suo mondo; come un rospo nello stagno. L’ho giocata e rigiocata questa demo (tra la recensione di Cult of the Lamb e mille altre cose da fare), per carpirne come meglio potevo pregi e difetti; da quei quaranta minuti circa che mi ci sono voluti per portarla a termine. La sensazione che permea ogni centimetro della mia pelliccia, però, è che per quanto stylish voglia apparire questo titolo, spesso si contraddice, risultando molto più vicino alla filosofia vista nelle prime apparizioni di Kratos, piuttosto che nei titoli di Capcom e Platinum Games.
E non basta, dopo ogni sentita battaglia, far apparire una schermata che ti premia in base al punteggio ottenuto con medaglie di varie tipologie, per invertirne la tendenza; no, no. Perché impugnando il pad e ricevendo un feedback decisamente accattivante (ma forse ancora un po distante dai detentori del genere), vi sembrerà proprio di trovarvi al cospetto di quella ormai obsoleta Santa Monica che tanto, in passato, ci aveva deliziato con le sue avventure spartane. Dalla distruzione di casse e parti dello scenario, passando dall’esplorazione dell’ambiente sino ad arrivare alla raccolta di globi e frammenti (utili per potenziarvi), tutto ve lo ricorderà; ci sono persino una manciata di muri invisibili posti in maniera diligente (ma poco intelligente), volti a mandarvi in confusione di tanto in tanto.
Insomma: non vi riporta alla mente qualcosa? Ma non vi è nulla di male in ciò che vuole darvi Soulstice, eh; piuttosto è stata una sorpresa.
Perché va da sé che il combattimento, grazie anche alla possibilità di switchare quel pesante spadone in stile Gatsu (Berserk) con una più leggera frusta metallica (che ricorda vagamente le Lame del Caos), permette di inanellare numerose combo. Perché lo stile, insomma, tanto nell’esplorazione quanto nel combattimento fatto di schivate, attacchi leggeri e pesanti, colpi da deviare (grazie all’ausilio di nostra sorella Lute), a più riprese mi è sembrato uno, ed uno soltanto. E perché diciamocelo: o sto prendendo io un granchio colossale e non ci sto a capire più una fava, dato che i provati precedenti a questo lo definivano in maniera differente, o bisognerebbe in quel di Milano ridimensionare il concetto di stylish di cui il gioco si fa portavoce (vedasi sito ufficiale). L’aver dirottato al pulsante R3 il lock-on, comunque, non mi è sembrata una scelta del tutto felice; complice una telecamera che in alcune occasioni diventa gestibile manualmente (e si ha quindi possibilità di ruotarla) cozzando non poco con la frenesia a schermo.
Definirei quindi il mio approccio alla demo di Soulstice, in un primo momento spiazzante; ma non per particolari demeriti del gioco, quanto piuttosto per un’errata classificazione di un prodotto che mi è sembrato decisamente più occidentale di quanto mi si sia voluto far credere.
Ad ogni modo, ritornando sul campo di battaglia, ho apprezzato non poco il concetto posto alla base di Lute e dei suoi campi di luce, necessari all’occorrenza per risolvere qualche puzzle ambientale e scalfire le corazze dei nemici; azione del quale non è però consigliabile abusare, pena l’affaticamento della stessa e il suo inutilizzo per qualche secondo di gioco. Ciò che ho apprezzato meno, invece, è stata l’intelligenza artificiale (tarata verso il basso) dei nemici, che mi sono sembrati mera carne da macello; si è abituati ad altro ormai e non so se la cosa sia voluta o meno per rendere la demo accessibile a tutti.
Diversamente, l’impatto con i rami delle abilità delle due protagoniste a cui è possibile accedere attraverso il classico “mercante” di turno, mi è sembrato ben pensato, distribuito in maniera attenta e diversificato tanto quanto i loro stili di combattimento. Se con Briar abbiamo modo di imparare nuove combo spendendo i globi rossi rilasciati da casse e nemici, quindi, con Lute potenzieremo i suoi stessi poteri, suddivisi a loro volta in quattro categorie ben distinte; attraverso un grafico delle abilità che in questo caso ne consuma i frammenti recuperati dai vari giacimenti sparsi nel gioco.
Al netto dunque di quelle che sono le sue radici, la reale deriva di Soulstice mi è apparsa assai evidente sin dal primo istante, e la cosa non mi dispiace affatto. Resta soltanto da capire se a tutto ciò si unirà un level design più consistente e votato al platforming e al puzzle solving, o se resterà così come provato. Qualora dovesse restare tutto invariato – lo ammetto – ne resterei alquanto deluso, poiché ne vedrei tanto di quel potenziale sprecato, che potrebbe farmi pigliare a male e abbandonare l’idea di acquistare il titolo al day one.
Speriamo dunque non sia così e che le lacune percepite durante questa prima fase siano solo figlie di una sezione estemporanea.
Perché artisticamente, Soulstice, mi piace un fottio: tecnicamente appare solido (al netto di qualche lieve imperfezione), mi ha dato un accenno di quelle che potrebbero essere alcune boss fight interessanti e Briar e Lute hanno tutta la mia attenzione (ne adoro il character design).
Al verdetto ufficiale non manca comunque molto dato che il 20 settembre è ormai alle porte.
Meno di un mese, e sapremo.
Incrociamo le dita.
“Non vuoi niente. Non credi in niente. Il futuro è il tempo che ti rimane prima di finire un videogioco. Non credi nella vita dopo la morte e hai poca fiducia nella vita in generale. L’unica cosa che sai per certo è che non vuoi le stesse cose dei tuoi genitori.”