Blossom Tales II: The Minotaur Prince – Recensione
Vi ricordate quando nella rubrica Il menù indie di Isma (prima o poi dovrei riprenderla, dannazione) vi avevo parlato di due simpatici Zelda-like su Switch? Tra questi avevo menzionato proprio Blossom Tales: The Sleeping King, un gioco che si rifà molto alla leggendaria serie Nintendo, ma che tutto sommato ha i suoi assi nella manica da sfoderare. Ebbene, quest’oggi esce Blossom Tales II: The Minotaur Prince, sequel ambientato circa cent’anni dopo e che mai avrei preventivato (il suo annuncio mi lasciò infatti molto sorpreso, perché non me lo aspettavo). Sono però felice che Castle Pixel abbia avuto modo di riproporre la sua creazione poiché, si sa, con un secondo episodio è possibile apportare tanti miglioramenti, nonché affinare il gameplay e tutte le sue sfaccettature e dar soprattutto maggiormente sfogo alla creatività. Il publisher questa volta non è FDG Entertainment (che ha pubblicato pure quel diamante di Monster Boy and the Cursed Kingdom), bensì la divisione di Playtonic Games (composta da ex-membri Rare, autori di Yooka-Laylee) che si occupa di pubblicare titoli indipendenti: Playtonic Friends.
È risaputo, datemi un prodotto ispirato a The Legend of Zelda e mi farete felice (se ben fatto, chiaramente). Vuoi per il mio desiderio insaziabile di vivere esperienze del genere, vuoi perché quando vedo un action adventure in due dimensioni finisco per innamorarmene seduta stante, ed ecco che ho accolto a braccia aperte Blossom Tales II: The Minotaur Prince. Proprio come il suo predecessore, anche qui ci ritroviamo dinanzi ad un’opera che sulle prime potrebbe apparire quasi come un mero clone spudorato degli Zelda in 2D. D’altronde il team di sviluppo non nasconde la sua fonte di ispirazione, che vuol essere proprio un omaggio a giochi quali Link’s Awakening e i due Oracles. Bisogna infatti essere pure bravi a copiare: autori come Tiziano Sclavi (Nero; Mostri; Dylan Dog) hanno persino ammesso di farlo; a tal proposito lascio qui un suo estratto da un’intervista per il giornale Il Mattino.
Le domande fatidiche, “Come nascono le tue storie?” o “Da dove prendi le idee?”, sono un incubo per tutti quelli che fanno il mio mestiere, dato che presuppongono un ragionamento del genere: “Voglio fare lo scrittore, quindi adesso cerco le idee”. Invece bisognerebbe ribaltare tutto: a me, fin da bambino, venivano delle idee, e così sono diventato uno scrittore e un fumettaro. Insomma, è proprio perché gli vengono da chissà dove delle idee che un ragazzo, invece di andare a giocare, si mette a scrivere (o a dipingere, o a comporre musica). Molto più tardi si forma il cosiddetto “mestiere”, ovvero la capacità di scrivere anche se di idee ne vengono pochine, e anche la capacità di andarle a cercare. Vedendo appunto un film, o leggendo giornali e libri. Non sono mai corso al computer, ma ho sempre preso appunti di battute e idee da copiare (già, copiare, perché no? Nell’antichità era pratica comune, e poi lo dice anche il grande Totò: “Tutti sono capaci di fare, è copiare che è difficile!”).
Tiziano Sclavi – “Il Mattino”, 1999.
Sebbene permanga comunque quella sensazione da “eh ma come lo fa Nintendo, nessuno mai”, bisogna riconoscere l’impegno e la dedizione del team di sviluppo che si è ingegnato ancor di più che con il primo episodio, imbastendo in particolar modo un mondo davvero ricco e sfaccettato. Ed è proprio nell’overworld che si intravede il salto di qualità rispetto al precedente Blossom Tales. Le ambientazioni sono infatti decisamente più grandi e maggiormente ispirate, meglio rifinite nei dettagli e nei colori, arricchite di oggetti da craftare (una delle novità del titolo, utili per l’alchimia) e con più attività da svolgere. Il tutto condito poi da un level design decisamente più intrigato, invogliando de facto ad un’esplorazione ancor più stratificata. Andare in giro per le varie location che compongono il regno di Blossom è un vero piacere, tanto da spronare sempre il giocatore a visitarne ogni meandro a caccia di passaggi nascosti, segreti, mini dungeon, frammenti di cuore, pergamene delle tecniche e cose da fare. Il mondo è davvero denso ed assai invitante al punto tale che risulta difficile staccarsi dal gioco, in quanto vi è sempre la curiosità di vedere “cosa si cela lì”.
In questo, Blossom Tales II fa un netto passo in avanti rispetto al suo predecessore, stesso dicasi per tutto quel che concerne la parte pre-dungeon: adesso è di gran lunga più complesso arrivare al dungeon di turno e ciò aggiunge senza dubbio pepe e mordente alla longevità e al ritmo dell’avventura stessa. Dove invece stranamente la produzione di Castle Pixel fa un passo indietro è da rivedere nel sistema di movimento della protagonista, Lily; è vero che ora è possibile eseguire capriole, ma Miss Knight risulta decisamente più lenta che in passato ed è proprio nell’esplorazione che si accusa tale lentezza (nel primo ci si sentiva molto più “leggeri”). Certo, fortunatamente vi la cavalcatura (non presente nel prequel) e grazie all’alchimia (altra novità di questo sequel) è possibile creare una pozione – delle 10 (dieci) disponibili – che rende Lily assai più rapida e veloce. Insomma, meglio che niente. Alcune di queste pozioni ci danno buff utili in combattimento, altre invece servono per proseguire in punti dell’avventura o per superare qualche sezione specifica.
In Blossom Tales II non manca di certo la varietà, ma come nel precedente capitolo ritroviamo solo quattro dungeon principali che possono comunque risultare pochini, nel complesso. Li ho trovati ancora una volta brillanti e caratterizzati da un ottimo level design, con rompicapi davvero ingegnosi e ben pensati. Alcune volte è necessario spremere le meningi per arrivare alla soluzione, ma non mancheranno quelle occasioni dove essa è davanti al proprio naso e piuttosto si preferisce pensar fuori dagli schemi (sì, mi è capitato di ammattire per poi darmi dell’idiota da solo una volta venuto al capo del problema). Ci sono item inediti all’interno di Blossom Tales II che mi hanno davvero sorpreso per la loro implementazione.
Tuttavia ho trovato i dungeon forse una piccola spanna sotto rispetto a quelli del predecessore; non tanto per una questione di mancanza di idee, quanto più per la struttura degli stessi e la loro estetica. Mi sono parsi un pelo meno accattivanti, incentrati maggiormente sulla componente cervellotica che non su un equilibrio generale tra puzzle, combattimenti e ostacoli. Quelli del primo, nella loro semplicità, mi sono rimasti più impressi, ma devo però riconoscere che il dungeon finale di questo capitolo si è rivelato il migliore della serie, controbilanciando la situazione. Mi ha davvero stupito in tutto e per tutto, compresa la parte pre-dungeon che è un po’ un dungeon a tutti gli effetti, ma soprattutto l’accompagnamento musicale veramente evocativo ed epico. A tal proposito vi dico che la colonna sonora svolge egregiamente il suo dovere, riservando di tanto in tanto tracce di spessore e che non faticheranno ad imprimersi nella mente.
La giovane Lily si avventurerà nel regno di Blossom per salvare suo fratello Chrys dal Minotaur King (Re Minotauro) che lo ha rapito per farlo suo principe. Anche qui la storia in realtà è un racconto che il nonno narra ai suoi nipoti (Lily e Chrys, appunto), rendendo questa volta entrambi protagonisti delle vicende. Una delle peculiarità del titolo sta proprio nel fatto che di tanto in tanto alcuni piccoli passaggi od oggetti possono mutare a seconda delle nostre scelte. Rimane giusto il rammarico di non aver approfondito questa meccanica, lasciandola quasi identica a come l’avevo conosciuta nel primo Blossom Tales. Mi è dispiaciuto pure che non sia stata sfruttata maggiormente l’introduzione del fratellino che poteva rivelarsi un asso nella manica non da poco, ma tant’è. La storia è a suo modo comunque piacevole e non mancherà qualche risata, in particolare nei momenti in cui i dialoghi del gioco vengono interrotti da quelli dei bambini che chiedono informazioni al loro nonnino (che vorrebbe starsene lì a poltrire sul divano anziché raccontar storie patetiche).
CONCLUSIONI
Overall
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GRAFICA - 8/10
8/10
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GAMEPLAY - 8.2/10
8.2/10
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AUDIO - 7.8/10
7.8/10
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LONGEVITÀ - 7.5/10
7.5/10
IN SINTESI
Blossom Tales II: The Minotaur Prince è il seguito di Blossom Tales: The Sleeping King, uscito nel 2017. Dopo cinque anni, Castle Pixel ci riporta nel regno di Blossom proponendoci questa nuova avventura con Lily, mantenendo ed espandendo l’avvincente formula à la Zelda del suo predecessore, andando a migliorare ed arricchire quello che è il mondo di gioco sotto ogni punto di vista. Rimane giusto un po’ il rammarico per non aver sfruttato sapientemente l’inserimento del fratellino, Chrys, all’interno della storia e per aver mantenuto la struttura di soli quattro dungeon che forse non danno modo all’opera di esplodere in tutte le sue potenzialità (proprio come con il primo). Nel complesso rimane comunque un’esperienza consigliatissima e che alza non di poco l’asticella rispetto al suo prequel. Per tutti gli estimatori di The Legend of Zelda come il sottoscritto è senza alcun dubbio un indie da tenere d’occhio. Non un gioco imperdibile, ma di sicuro un piccolo gioiellino capace di regalare più di una sorpresa.
Appassionato di videogiochi sin da piccolo, al punto tale da portarlo nel tempo a scrivere per circa dieci anni per il settore videoludico. Dopo aver lasciato tutte le testate per le quali scriveva, eccolo intraprendere una nuova avventura sulle pagine di Pushbutton.it, piccola realtà nata dalla sua mente e quella di due grandi compagni di viaggio, nonché cari amici: Gennaro Schiavelli e Antonio Rodo. Retrogamer incallito e musicista, ama la pizza e la cultura nipponica ed è pronto a raccontarvi e condividere tutto quello che gli passa per la testa.