Wii U, un potenziale sprecato solo per colpa di Nintendo
Chi mi conosce o legge da ormai diverso tempo lo sa bene: sono un fottutissimo nintendaro. Ma non di quelli con accezione negativa, poiché io amo il videogioco in quanto tale e non ne faccio una questione di tifoseria tipica dei fanboy. Ciò detto, Nintendo è da sempre la software house a cui sono più legato e affezionato, per motivi puramente soggettivi (come ovvio che sia). I miei primi passi con lo SNES, come raccontato nel mio articolo sul retrogaming, rimarranno un ricordo indelebile della mia vita, ma se preferisco Nintendo alle altre è anche per il loro modo di creare videogiochi (non per altro The Legend of Zelda e Super Mario sono le mie serie preferite in assoluto). La grande N ha uno stile unico, inconfondibile e del tutto inimitabile; quella definita come Nintendo Difference non è solo uno slogan, ma una vera e propria forma di filosofia. Una filosofia che la casa di Kyoto conserva da tempo immemore, sin dall’alba dei tempi (quantomeno da quando si è lanciata nel mondo dei videogiochi; prima faceva tutt’altro). La stessa che ha dato poi origine ad una console come il Wii U nel 2012.
Sono ben consapevole che Wii U sia stato un disastro sotto quasi tutti i punti di vista. Eppure si tratta di un sistema che aveva enormi potenzialità, ma forse la stessa Nintendo non ci ha mai creduto fino in fondo. Considerando la possibilità di giocare off-TV grazie al GamePad (d’ora in poi con l’appellativo amichevole, paddone) potremo definirlo un embrione di quello che è attualmente Switch. Probabile, quindi, che nei piani della grande N il Wii U sia stato solo un hardware di transizione, in attesa della loro ibrida console di grande successo. Non per altro parliamo di una macchina nemmeno catalogabile come piattaforma di nona generazione, piuttosto si tratta di un qualcosa che sta nel mezzo, in attesa di capire quale sia la vera e propria next-gen di Nintendo. Per ora è difficile stabilirlo, solo quei mattacchioni sanno cosa stanno combinando nei propri uffici. Cosa certa è che come loro solito se ne usciranno con qualcosa di imprevedibile e inaspettato. D’altronde anche questo è un aspetto che mi fa apprezzare la casa di Kyoto: il loro sapersi reinventare di continuo è un pregio che ho sempre ammirato moltissimo. Dal Color TV-Game sino a Switch, passando per i vari Game & Watch, Game Boy e Nintendo DS/3DS, il colosso giapponese ha continuamente sperimentato nuovi approcci al gaming. Non per niente io li definisco un po’ come gli artigiani del videogioco, rimasti ancorati al vecchio concetto di sviluppo e intrattenimento più tradizionale e che tanto fa bene nell’industria videoludica, così da garantire varietà rispetto all’offerta più eterogenea di Sony e Microsoft.
Oggi però non sto qui a fare un trattato sulla maestria di Nintendo, e non sarebbe nemmeno tanto necessario; la conosciamo già. Piuttosto voglio dedicare queste righe allo sfortunato Wii U, fin troppo snobbato e poco considerato per quelle che erano le sue potenzialità; e i primi sono stati proprio i creatori. Dopo Wii, questa doveva essere la piattaforma con il compito di riconquistare i giocatori più hardcore che si erano allontanati dopo la delusione della gen precedente (che ritengo esagerata: in mezzo a tanta fuffa il Wii ha comunque offerto parecchi bei titoli). Doveva anche essere il rilancio delle terze parti, ma tutto questo è durato un anno. Dopodiché, con l’arrivo di PlayStation 4 e Xbox One, Nintendo ha dovuto fare nuovamente i conti con il gap generazionale e questa volta non più con un sistema di successo dalla propria parte. Con le sue 13,56 milioni di unità piazzate sul mercato, Wii U è ad oggi il più grande flop commerciale della storia di Nintendo (per quanto riguarda le home console; per tutto il resto c’è il Virtual Boy). Ciononostante la grande forza di questa azienda secolare sta nelle sue IP: Mario Kart 8 è stato il best seller con ben 8,45 milioni di copie vendute, un risultato a dir poco clamoroso se si considera la misera base installata. Non da meno Super Mario 3D World e New Super Mario Bros. U con le loro rispettive 5,86 e 5,81 milioni di copie. Questo ci fa capire che se Nintendo avesse creduto davvero in questo hardware, oggi la situazione sarebbe stata probabilmente diversa e lo dimostra Switch con i suoi numeri quadruplicati e ancora in pieno ciclo vitale. Ma con marketing inesistente, la confusione tra Wii e Wii U e una lineup che decollava lentamente, l’azienda si è scavata la fossa da sola, salvandosi ancora una volta in calcio d’angolo grazie al successo del 3DS e alla strage degli Amiibo.
In fondo cosa mancava al Wii U? Di sicuro il divario tecnologico non ha aiutato, tuttavia Wii e Switch dimostrano che non per forza sia motivo di fallimento (tutt’altro). Tralasciando il fatto che io continui invano a sognare un GameCube 2.0, ovvero una console Nintendo tanto potente dal punto di vista hardware quanto geniale per l’offerta (non più una cosa a metà, per intenderci), la piattaforma di ottava generazione della grande N aveva non poche frecce al proprio arco. Con l’arrivo dell’attuale next-gen, io, Gennaro e Antonio ci siamo confrontati sul fattore novità introdotto dai nuovi sistemi di intrattenimento e siamo arrivati ad una conclusione: se PlayStation 5 dalla sua offre comunque una ventata di freschezza con il DualSense, la nuova dashboard e ulteriori caratteristiche, con Series X si ha quasi come la sensazione di aver fatto solo un upgrade, per quanto meraviglioso possa essere. Una console bellissima, ma per la quale non provo entusiasmo. In realtà non ne ho mai provato per nessuna piattaforma che non fosse Nintendo (di tutte quelle che ho posseduto), con le uniche eccezioni quali Dreamcast e prima Xbox (contestualizzando l’esperienza, non avendole vissute nel loro periodo storico). Questo perché Sony e Microsoft mi hanno estasiato più per i giochi, ma quasi mai per quello che offrivano gli hardware in sé (seppur apprezzi parecchio il Game Pass, ma non è una novità arrivata con Series X). Con la grande N era ed è invece sempre una novità. Ad ogni generazione non solo mi hanno fatto vivere avventure stupende, ma mi hanno offerto modi di interagire e funzioni uniche. Dal Super Famicom con il Satellaview e il Super Game Boy sino alla versatilità di Switch, passando per il GB Player e l’interazione GBA e GameCube, Nintendo si è sempre contraddistinta. E ovviamente lo ha fatto anche e soprattutto con Wii grazie al suo peculiare modo di giocare con i sensori di movimento.
Wii U non è stato da meno. Pur non riuscendo a dare l’impatto del suo predecessore, aveva comunque tante caratteristiche interessanti; quelle capaci di generare entusiasmo e spronarti a desiderare la novità del momento non solo per i bellissimi giochi in uscita, ma soprattutto per avere tra le mani la piattaforma stessa. E non era di certo solo il paddone l’oggetto del mio desiderio. Quanto era figo il Miiverse? Per chi non lo ricordasse, trattasi di un vero e proprio social network Nintendo, integrato in Wii U. Vedevi cosa stavano facendo gli altri giocatori, interagire con loro tramite gruppi appositi o attraverso peculiari funzioni in-game. Un servizio che su Switch avrebbe potuto offrire ancora tanto, ma Nintendo ha deciso purtroppo di chiuderlo. Ricordo ancora i messaggi scambiati con gli amici, i disegni della community, i commenti nei vari livelli di un gioco, i post sui gruppi e molto altro. Ogni titolo offriva inoltre un’esperienza diversa con il Miiverse: in Super Mario 3D World c’erano dei simpatici timbri e una volta ottenuti il giocatore poteva utilizzarli a suo piacimento sul social Nintendo, mentre in The Wind Waker HD era possibile lasciare dei messaggi nelle ampolle, creando così un’interazione con gli altri utenti e un grado di coinvolgimento davvero notevole. Il Wii U aveva persino un sistema di videochiamate, sia per chiacchierare che per chiedere eventualmente aiuto ad un altro giocatore. E così da un lato avevi il tuo amico (sul paddone), dall’altro il gioco (su TV). Si trattava di funzioni veramente carine, seppur embrionali, ma correva pur sempre il 2012. Ovviamente il piatto forte era l’implementazione ludica del doppio schermo oppure la possibilità di giocare off-TV (filosofia vincente evoluta e portata poi avanti da Switch). Pian piano su Wii U sono arrivate poi tutte le Virtual Console Nintendo fino al DS, era retrocompatibile e – fa strano dirlo – non era male nemmeno in termini di multimedialità con il browser internet, app come Netflix e quant’altro (tutte cose di cui Switch al momento è ancora sprovvisto).
Ma voglio ricordare questa console soprattutto per le meravigliose avventure che mi ha regalato. Tralasciando che ormai tutto stia mano a mano approdando su Switch, per me restano esperienze vissute su Wii U e di cui avrò sempre un piacevolissimo ricordo. Non dimenticherò mai le emozioni provate con XenobladeX e le possibilità offerte dal paddone: gestire il FrontierNav e la mappa dal paddone non ha prezzo e credo che un porting sull’ibrido sistema Nintendo non possa regalare quel tipo di esperienza, nonostante gli eventuali benefici tecnici. Per non parlare di Rayman Legends, annunciato come esclusiva da Ubisoft ma arrivato poi multipiattaforma; tuttavia non avrebbe senso giocarlo altrove se non su Wii U. Ancor meno un The Wonderful 101 che PlatinumGames ha voluto (giustamente) portare altrove, ma è un’esperienza proprio cucita sull’interazione paddone-TV. Poi penso a Breath of the Wild e a quali idee aveva in serbo Nintendo per sfruttare il doppio schermo; purtroppo non lo sapremo mai, così come già successo con A Link Between Worlds su 3DS che non ha sfruttato più gli enigmi con l’effetto 3D come da concept originale. Le due opere stra-meritano comunque, tuttavia un po’ di rammarico resta ugualmente. Altri titoli hanno però dato ottime dimostrazioni da questo punto di vista; un esempio è il controverso Star Fox Zero che personalmente ho adorato, stesso dicasi per Captain Toad. L’avventura nei mari di The Wind Waker, grazie alla remastered, ha poi raggiunto vette incredibili di immediatezza (pur continuando a preferire comunque l’originale, nel complesso). Per non parlare del primo straordinario Super Mario Maker; il sequel è di gran lunga più bello, ma giocarlo con paddone era tutt’altra cosa. Molti mi prenderanno per pazzo, ma anche Nintendo Land aveva il suo perché (io lo ritengo decisamente valido). Di gran lunga meglio di 1-2 Switch. Insomma, un hardware con un gran potenziale che faceva sentire forte la next-gen proprio per le particolari modalità di fruizione. Il problema è che con Wii U si è osato, ma non troppo. Il marketing poi ha fatto il resto, affossando tutti i buoni propositi della console con una comunicazione pressoché inesistente. Se non ce l’ha fatta, molte responsabilità le ha innanzitutto Nintendo, dopodiché quella fetta di videogiocatori che l’ha snobbata e denigrata (e non sono pochi). Io invece continuerò a portarla nel cuore con i suoi innegabili difetti (e mancanze), ma soprattutto per gli indiscutibili pregi che hanno saputo regalarmi un’esperienza memorabile. Infine, mi riporta alla mente il compianto presidente, Satoru Iwata e Wii U incarna perfettamente quella che era la sua filosofia di videogioco, nel bene e nel male.
Appassionato di videogiochi sin da piccolo, al punto tale da portarlo nel tempo a scrivere per circa dieci anni per il settore videoludico. Dopo aver lasciato tutte le testate per le quali scriveva, eccolo intraprendere una nuova avventura sulle pagine di Pushbutton.it, piccola realtà nata dalla sua mente e quella di due grandi compagni di viaggio, nonché cari amici: Gennaro Schiavelli e Antonio Rodo. Retrogamer incallito e musicista, ama la pizza e la cultura nipponica ed è pronto a raccontarvi e condividere tutto quello che gli passa per la testa.