Resident Evil Village – Recensione: il terrore di Capcom si rinnova ancora
Siamo abituati a leggere di cotte e di crude, pareri contrastanti o positivi, giudizi condivisibili e non. Con i social abbiamo imparato a dire la nostra ancor prima di pensare e giudicare senza aver provato, esprimendo una beneamata critica sterile. Ciò accade spesso e volentieri con quei videogiochi molto attesi, saghe che ritornano e fan “di vecchia data” rimasti ancorati ad un glorioso passato; alcuni seguono il vento del cambiamento, altri lo ripudiano. Ed è proprio quel che è successo con Resident Evil Village negli ultimi giorni, protagonista di critiche fin troppo sopra le righe che dettano degli atteggiamenti molto discutibili.
L’epopea horror di Capcom nei suoi venerandi venticinque anni di storia, come tanti suoi coetanei, ha vissuto diversi cambiamenti: dal survival horror rivoluzionario con tanto di telecamera fissa da Villa Spencer a Raccoon City, alla nuova corrente action imbastita dal quarto capitolo della saga in poi, per tornare infine su dei binari “più tradizionali” con Resident Evil 7. Ed è proprio con il capitolo con protagonista Ethan Winters che la casa di Devil May Cry, Monster Hunter e Dino Crisis ha iniziato la sua – nuova – scalata verso il successo, e il colosso nipponico in quattro anni raramente ha commesso dei passi falsi. Con Resident Evil Village, l’azienda sigla nuovi record, successi, prende il meglio del settimo capitolo e lo mescola con i pregi del quarto, imbastendo una formula ibrida davvero invitante. Grazie ad un codice fornitoci dal publisher, abbiamo potuto giocare il nuovo capitolo della leggendaria saga survival horror su PlayStation 5, e non vediamo l’ora di parlarvene in questa nuova recensione.
Resident Evil Village Recensione: l’incubo senza fine di Ethan Winters
Sono ormai passati tre anni dagli orrori di casa Baker, Ethan e Mia finalmente vivono la loro vita in Europa con la piccola Rosemary. Tuttavia, i ricordi indelebili degli eventi avvenuti in Lousiana non accennano a lasciare i pensieri della coppia, che a stento riesce ad affrontare i postumi della terribile esperienza vissuta. Innegabilmente, i traumi del settimo capitolo non renderanno semplice la nuova vita dei Winters che, con le unghie e con i denti, cercano di vivere la serenità di due neo genitori. Ma un evento terribile spezzerà questa famigliola felice, ed Ethan e Rose verranno separati dall’intercorrere degli eventi che li condurranno in un villaggio situato nel cuore della Romania: che abbia finalmente inizio un nuovo incubo. Resident Evil Village nel suo contesto si ispira a leggende come i vampiri e licantropi e li inserisce nella cosmologia della saga che negli anni ci ha abituati ad affrontare creature di ogni specie. Ma fondamentalmente è un richiamo nostalgico al quarto capitolo della saga: come il caparbio Leon S. Kennedy, Ethan si avventurerà nel villaggio alla ricerca di Rose completamente da solo, affronterà numerosi pericoli, insidie e più volte patirà le pene dell’inferno, ma l’amore e la determinazione di un padre non possono essere scalfiti da tali leggerezze. In questa ottava iterazione principale, il ruolo di Ethan permetterà di rivalutare il suo personaggio caratterialmente, uscendo da questo incubo come un uomo ancor più maturo, più deciso, ed è proprio questo che ci ha permesso di apprezzare maggiormente la narrativa di Village, la quale di certo non manca nell’esaltare il suo spirito “b-moviano”. Sebbene vogliamo risparmiarvi ulteriori dettagli sulla storia per lasciarvi un gradito alone di mistero (cosa assai rara di questi tempi), riteniamo che sia opportuno sottolineare come nel titolo vengano fornite delle risposte utili a spiegare alcuni passaggi non meglio specificati del settimo capitolo, svelando dei dettagli e retroscena nascosti molto bene durante la disavventura di casa Baker; tuttavia le incongruenze relative alla dilazione temporale – ed esatta collocazione cronologica – rimarranno ancora un mistero.
Ma veniamo al nocciolo della questione: quanto spaventa realmente Village? È innegabile che l’horror di casa Capcom si sia evoluto esponenzialmente negli ultimi quattro anni: col settimo capitolo la visuale in soggettiva garantiva un’esperienza ancor più spaventosa a colpi di jumpscare, basandosi sull’inquietudine alimentata dalle mura di casa Baker. Con i remake di Resident Evil 2 e 3 l’orrore si invece è mescolato con l’ansia recata dalla presenza di figure come Mr.X e Nemesis, due stalker che sapevano incutere paura già solo attraverso il suono dei loro passi che calpestavano il pavimento. Soprattutto nel favoloso rifacimento del secondo capitolo, la centrale di polizia priva di corrente elettrica sapeva trasmettere al giocatore una paura tale da farlo muovere faticosamente nell’apocalisse zombi di Raccoon City. In Resident Evil Village un elemento così fondamentale come la paura è stato dosato con cura, in primis per rendere tale prodotto accessibile anche a mani meno coraggiose, senza però rinunciare completamente al suo fascino horror. L’odissea di Ethan Winters certamente fa meno paura (forse un po’ troppo meno), tuttavia vi sono momenti in cui la tensione salirà alle stelle, ricordandoci soprattutto quanto possa essere terrificante il buio anche per un ragazzo di ventitré anni. Il titolo non ricorre a sotterfugi scontati per spaventare il giocatore, ed utilizza altri elementi per incutere ansia e terrore nelle sue sinapsi: talvolta sarà ciò che sentiremo con le nostre orecchie a scaturire delle terrificanti sensazioni, mentre gli occhi potranno affrontare con audacia i pericoli del villaggio.
Il villaggio, il protagonista indiscusso del nuovo Resident Evil
Se la storia non coinvolgesse così tanto Ethan Winters, molto probabilmente il vero protagonista di Resident Evil Village sarebbe niente di meno che il villaggio stesso. Teatro del nuovo incubo targato Capcom, è un luogo ricco di storia e tenebrosità; al suo interno si celano creature come i lycan, esseri metà uomini e metà lupi, i quali hanno decimato ad un manipolo di sopravvissuti l’intera popolazione, finora rimasta sotto l’ala protettiva di Madre Miranda. Al suo interno troviamo una moltitudine d’informazioni sugli abitanti del luogo, sui loro destini e riferimenti al passato, così come non mancheranno eventuali segreti da raccogliere in una fase di backtracking. Tuttavia, il villaggio si comporta come un vero e proprio hub in cui potersi muovere: non mancheranno di certo i nemici a sbarrarci la strada, eppure vi è una ben gradita varietà di azioni da compiere, dalla caccia allo sblocco di shortcut, fino al ritrovamento di ricchi tesori. Mano a mano che andremo avanti il villaggio si aprirà, rivelando nuove aree esplorabili da cui poter raccogliere ulteriori risorse; tuttavia questo luogo è alquanto labirintico nel suo design, ma al tempo stesso sa anche essere un vero parco giochi. Esso inoltre sarà sempre un’area in cui fare ritorno per i motivi più pratici: acquistare armi, munizioni od effettuare scambi col Duca, che oltre essere una figura enigmatica ricorda moltissimo il mercante di Resident Evil 4. Nel suo negozio sarà persino possibile cucinare delle ricette con le carni ricavate dalla caccia, con lo scopo di potenziare alcune capacità di Ethan, senza dimenticare ovviamente il potenziamento dei nostri equipaggiamenti. Nella sua estetica il villaggio riesce ad affascinare a tal punto da convincerci ad esplorarlo in ogni suo angolo, il modo con cui attraverso un rumoroso silenzio il gioco riesce a trasmettere la desolazione di tale luogo è alquanto lodevole, e l’inquietudine nel vedere delle teste di capre mozzate appese nelle vie che attraversano le abitazioni è disarmante. È impossibile ignorare il lavoro svolto da Capcom nella realizzazione del solo villaggio, il quale si afferma come principale attrazione di Resident Evil Village.
I volti dell’incubo: Madre Miranda e i suoi abomini
La struttura di questo Resident Evil si mostra meno lineare del solito: sia chiaro, i percorsi sono già tracciati, ma difficilmente avvertirete la sensazione di ritrovarvi all’interno di un corridoio. Questo perché, insolitamente, Resident Evil Village si avvale di una mappa alquanto aperta (non del tutto, ma vi è una maggiore apertura degli spazi), dando la possibilità di tornare in alcuni dei luoghi esplorati prima di giungere ad un punto di non ritorno. Durante l’avventura, infatti, oltre a sbloccare eventuali passaggi che condurranno ad aree precedentemente inaccessibili, troveremo qualche imbarcazione utile per attraversare i percorsi acquatici e giungere in luoghi segreti dove trovare delle succose ricompense. Come se non bastasse, il villaggio si espande oltre le sue apparenze, conducendoci in aree dal forte impatto narrativo. Al nostro arrivo faremo la conoscenza di Madre Miranda e dei suoi “abomini”, tra cui la veneratissima Lady Alcina Dimitrescu, padrona del castello che sovrasta il villaggio. Ciascuno dei “figliocci” dell’enigmatica Miranda sarà protagonista di una porzione di storia e l’affascinante vampira rientra in questo gruppo d’élite. Ognuna di queste creature – dotate di capacità singolari – darà del filo da torcere a Ethan nella sua missione di salvataggio, ma soprattutto Capcom è riuscita a realizzare delle sezioni molto diversificate tra loro, spezzando una possibile monotonia ludica. Vi sono enormi differenze tra i livelli dedicati ad un boss all’altro, basti pensare alla complessità del Castello Dimitrescu che non solo riprende le sensazioni di Villa Spencer, ma al suo interno si cela anche una silente narrazione sul passato della vampira gigante, seppur a conti fatti non riesce a spaventare, ma solo ad affascinare. Sebbene la beniamina dei fan abbia saputo accoglierci con estrema eleganza, riteniamo che casa Beneviento sia la parte meglio riuscita in tutto il gioco, poiché metterà il giocatore in una condizione completamente passiva, trasformando quest’ultimo in un topo in gabbia. Tutto l’horror che manca nel resto del titolo – molto probabilmente – si concentra in questa momento della disavventura europea.
Ciò che avvalora il circondario narrativo di Resident Evil Village è il lavoro d’approfondimento fatto sulle nemesi e di come l’ambientazione sappia rivelare anche dei dettagli interessanti sul loro passato. Nei sotterranei del castello, ad esempio, possiamo osservare gli strumenti di tortura di cui la famiglia Dimitrescu si serviva per produrre il suo “vino pregiato”, o come le sale sono tappezzate di dipinti che ritraggono alcune figure non pervenute nella storia principale. Nonostante degli approfondimenti “ambientali” apprezzatissimi, il titolo pecca nei ritmi e nella caratterizzazione di questi personaggi, in particolare Lady Dimitrescu che è stata la punta di diamante del survival-horror di Capcom. Questo perché, con la cura posta dagli sviluppatori nella realizzazione di tale personaggio, che ricopre il ruolo di stalker, ci saremmo aspettati un suo maggiore coinvolgimento che a tutti gli effetti non soddisfa le aspettative maturate sinora. Sul piano boss fight troviamo una buona varietà, grazie a dei contesti molto diversi tra loro, nonostante non tutte siano delle ciambelle uscite col buco, ma si apprezza fin qui il lavoro svolto dagli sviluppatori. I volti della paura di Resident Evil Village sono personalità estremamente opposte tra loro, agiscono sotto l’ala protettiva di Madre Miranda la cui identità rimarrà celata a lungo, ciononostante avremmo voluto vedere e sapere di più sulle nostre nemesi, visto che caratterialmente alcune di loro risulteranno appena abbozzate. La narrativa di questo capitolo è alquanto contrastante, poiché soffre di alti – in alcuni dei suoi colpi di scena – e bassi, vanificando gli sforzi finora compiuti. Purtroppo non è una questione di tempistica o di longevità, poiché quest’ultima per un capitolo di Resident Evil è stata più che soddisfacente, ma è la gestione dello screen time che ci ha lasciato delle perplessità.
Meno horror, un po’ più action
Potremmo recriminare il fatto che Village sia meno spaventoso del suo principale predecessore, seppur Capcom abbia puntato a realizzare un titolo quanto più accessibile possibile al grande pubblico (non che ce ne fosse il bisogno, in realtà), ma è innegabile che la nuova sventura di Ethan Winters si ispiri anche sotto questo punto di vista a Resident Evil 4 per la sua componente action. Lungo il cammino troviamo una grande quantità di nemici, vi saranno situazioni in cui dovremo affrontare dei gruppi più numerosi e non utilizzare le armi per conservarne le risorse è alquanto difficile. Affrontando il villaggio alla difficoltà normale, scopriamo come questo livello di sfida sia tarato verso il basso, permettendoci spesso di avventurarci tra le insidie del gioco con la valigia stracolma di proiettili (cosa che potremmo invece aspettarci alla difficoltà facile). Il gunplay nel contesto del nuovo capitolo è ancora più marcato, tanto da sopraffare la corrente survivalista della serie. L’utilizzo delle armi sarà richiesto con maggiore frequenza (nonostante sia possibile effettuare la consueta run di solo coltello), ma è il sistema di shooting stesso che alimenta delle sensazioni contrastanti. Non è un segreto che Capcom necessiti di ulteriori miglioramenti per realizzare un gunplay soddisfacente, eppure i pregi e difetti di tale componente risiedono nell’inesperienza di Ethan con le armi. Dopotutto non abbiamo a che fare con un militare addestrato e la pesantezza delle armi maneggiate dal protagonista la si avverte nel modo in cui imbraccia una pistola o un fucile a pompa. Come se non bastasse, i trigger adattivi del DualSense di PlayStation 5 simulano il peso dell’arma nella modalità di mira e nella fiammata, intensificando la pressione necessaria per dare l’input. Tuttavia siamo ancora lontani dall’avere un sistema di shooting capace di avvalorare le armi di Resident Evil Village, e talvolta sparare risulta veramente scomodo.
Nonostante una maggiore impronta action, non mancano le componenti classiche della saga, come la gestione dell’inventario, la realizzazione di munizioni e medicinali curativi attraverso un sistema di crafting e la presenza di enigmi e puzzle (seppur in quantità davvero minore). Tuttavia questo nuovo capitolo può fare affidamento su delle novità interessanti, come la caccia per ricavare le carni dalle prede e farsi cucinare dei piatti speciali dal Duca che, come anticipato poc’anzi, migliorano le capacità di Ethan. Da questo nuovo e paffuto mercante il giocatore potrà scambiare i Lei (la valuta disponibile nel gioco) per acquistare progetti di crafting, accessori per le armi, munizioni e potenziamenti, e rivendere i tesori raccolti per trarne profitto. Il titolo premia il backtracking, sia per quanto concerne lo sblocco di segreti che il ritrovamento di risorse preziose; un’azione naturale derivante dalla raccolta delle consuete chiavi speciali che sbloccano determinate stanze altrimenti inaccessibili. Non mancano infine quegli elementi che rendono ancora più semplice la sfida in Resident Evil Village: come nel remake del terzo capitolo, troviamo un negozio speciale in cui poter acquistare armi e munizioni infinite, quest’ultime disponibili soltanto dopo aver potenziato completamente l’arma interessata. Gli acquisti si possono effettuare unicamente con i punti ricavati dalle sfide completate in-game, e questo aspetto in particolare – soprattutto per gli amanti del completismo – delinea una succulenta rigiocabilità del titolo. In questo negozio troviamo inoltre concept art, modelli e la modalità Mercenari che sigla un gradito ritorno per la serie. Ludicamente, l’ultimo capitolo della celebre saga survival horror non si discosta affatto dai canoni della serie, e come fece il quarto capitolo in passato, porta con sé una ventata d’aria fresca al brand, creando un ibrido tra un’esperienza più coinvolgente e frenetica, senza rinunciare completamente alla sua anima.
Il RE degli engine
Il RE Engine in passato ha regalato delle grandissime soddisfazioni: dal settimo capitolo ai remake della seconda e terza iterazione, fino a Devil May Cry 5, chiunque abbia beneficiato del motore proprietario di casa Capcom ha sempre vantato di un comparto tecnico e grafico di invidiabili qualità. Resident Evil Village non si sottrae a questa regola: semplicemente ci regala una grafica pazzesca, con dei paesaggi incredibilmente realistici quanto macabri e degli spazi chiusi dettagliatissimi. Basti pensare soltanto al castello Dimitrescu, adornato di decorazioni curate maniacalmente, o di come sia possibile osservare persino le venature di qualsiasi cosa realizzata in legno. Per l’occhio più attento, è addirittura possibile notare le fibre che compongono l’elegantissimo abito sfoggiato da Alcina, senza considerare come l’arte gotica sia una delle principali influenze della corrente stilistica intrapresa in questa occasione. Potremmo persino azzardare che nel villaggio è possibile – quasi – respirare la stessa aria della Yharnam di Bloodborne, ed è impossibile non sottolineare come il prodotto di Capcom – forzatamente – si rispecchi in qualche modo nell’opera di FromSoftware, soprattutto se pensiamo ai Lycan. Tuttavia, Village gira ad una risoluzione 4K a sessanta fotogrammi per secondo, quest’ultimi in particolare subiscono qualche lieve calo nelle azioni più frenetiche, perdendo uno o due frame in corso d’opera. Anche le texture in uno sguardo ravvicinato risultano sbiadite, perdendo quella tanto decantata qualità che ci saremmo aspettati. I modelli dei vari comprimari invece sono semplicemente spettacolari, così vicini alla realtà orribile della casa nipponica, merito soprattutto delle tecnologie utilizzate in fase di motion capture, i cui dati vengono abbinati dalle animazioni procedurali.
Per quanto concerne l’impianto dell’illuminazione, gli ambienti chiusi del gioco vengono avvalorati dal ray tracing, grazie anche ad una saggia collocazione delle fonti di luce che permettono alle superfici di risplendere. Un esempio lampante è la sala principale del castello Dimitrescu, le cui pavimentazioni riflettono la docile luce dei lampadari. Proviamo invece un leggero rammarico nei confronti del feedback aptico del DualSense, il quale risulta praticamente assente: un vero peccato, poiché il comparto audio del titolo svolge un lavoro encomiabile nell’immedesimazione ed effetti ambientali anche con un headset alquanto economiche, figuriamoci con la tecnologia Tempest delle cuffie 3D Pulse.
VOTO: 8,5
CONCLUSIONI
Resident Evil Village si piazza come uno dei migliori capitoli della saga, al netto di qualche alto e piccolo basso. I suoi connotati più action potrebbero per alcuni fan oscurare le sue caratteristiche survival, ritrovabili tuttavia alle difficoltà più alte. Narrativamente il titolo riserva dei piccoli colpi di scena e chiarimenti sulla natura di questo nuovo arco storico della saga, permettendoci di rivalutare in parte il ruolo di Ethan Winters come protagonista. Ciononostante, il titolo perde parte della sua caratura horror imbastita nel primo capitolo, seppur superi quest’ultimo nell’aspetto artistico che risulta addirittura più ispirato. Il villaggio senza ombra di dubbio è il degno protagonista di questa disavventura dal sapore europeo, diventando mano a mano un hub in cui poter fare ritorno prima del gran finale. Village, nei suoi intenti, rappresenta un ottimo ibrido tra la nuova corrente del settimo capitolo e quella action nata nella quarta iterazione, riuscendo dunque a farsi apprezzare come quello che alcuni definirebbero “un vero Resident Evil”.
Appassionato di videogiochi, manga e anime, si interessa principalmente al panorama videoludico orientale, appassionandosi agli JRPG e non solo. Si destreggia in qualsiasi genere videoludico, osservando con interesse anche i titoli indipendenti, con l’obiettivo di entrare in contatto con tutte le sfumature possibili del videogioco.