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Hideo Kojima – Il percorso autoriale di una leggenda

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Questo non sarà un semplice editoriale dove vi andrò a raccontare o descrivere cosa ci aspetterà nei prossimi mesi, bensì una biografia su una delle menti più geniali e creative di cui il panorama videoludico gode al momento. Per molti potrebbe essere un semplice game director, per altri una figura leggendaria; un vero e proprio guru dell’industria. Vetta inarrivabile di estro creativo e puro genio.

Se siete cresciuti con una delle saghe più belle e indimenticabili come quella di Metal Gear, allora mettetevi comodi, prendetevi un paio di minuti per leggere e conoscere la storia dell’uomo che ha realizzato tutto questo: Hideo Kojima.

Un’infanzia difficile

Hideo Kojima nasce il 24 agosto del 1963 a Tokyo, più precisamente a Shirasaki. La sua infanzia non è stata sicuramente tra le più semplici: da piccolo fu costretto a trascorrere dei lunghi periodi in solitudine poiché i suoi genitori giapponesi diligenti lavoravano ben 19 ore al giorno e quelle poche in cui erano presenti nella vita del figlio le passavano a guardare un film in silenzio.

A primo impatto si potrebbe pensare che nella famiglia Kojima il dialogo non fosse il punto forte, eppure fu in quel momento che nella mente del fanciullo incominciò a crearsi una “turbolenza” misteriosa. Se per i suoi coetanei le ambizioni più comuni erano quelle di pilotare un Mazinga o di guidare un Shinkansen, Hideo sognava invece di diventare un registra cinematografico.

Malgrado la sua idea continuasse a pervadere i suoi pensieri, durante la sua adolescenza incominciò a scoprire il magico mondo dei videogiochi, portandolo ad intraprendere un nuovo percorso. Questo cambio di rotta portò Hideo Kojima a sviluppare e dar vita alle sue doti creative. In cuor suo sapeva che un domani lo avrebbero portato alla realizzazione di un videogioco e, tra i tanti presenti in quel preciso periodo storico, quelli che lo ispirarono maggiormente furono Super Mario Bros. e Portopia Renzoku Satsujin Jiken (The Portopia Serial Murder Case).

Dopo la crisi dell’83 in Giappone, l’industria videoludica stava cercando di rimettersi in piedi, iniziando ad accogliere una serie di figure professionali provenienti da vari campi artistici che pensavano fuori dagli schemi rigidi della società nipponica. Per Hideo Kojima questo non poteva che rappresentare un buon punto d’inizio. E così, nel 1986, decise di andare a bussare alla porta di Nintendo. L’incontro, però, non ebbe un esito positivo. Da quel momento iniziò una lunga serie di ‘no’ da parte di molte software house, ad eccezione di una: Konami.

Hideo Kojima

Dopo aver fatto un po’ di gavetta come designer, passò ad essere assistente alla regia di un gioco chiamato Penguin Adventure in cui bisognava interpretare un pinguino che come obiettivo aveva quello di trovare una mela magica per salvare la principessa di turno. Sicuramente vi starete chiedendo: “Ma ho letto bene? Kojima ha davvero creato un gioco dove si interpreta un pinguino?”

Ebbene sì, ma è qui che arriva il momento stupore: fu in quel momento che l’autore giapponese diede vita alla sua creatività. Egli decise infatti di riscrivere completamente il titolo, facendolo passare da un semplice platform ad un gioco con elementi RPG con una sceneggiatura più completa, quasi alla pari di un film, includendo addirittura  dei finali multipli. Grazie al progetto, il giovane guadagnò rispetto e fama all’interno della compagnia che gli permise di sviluppare la sua prima vera opera.

Un nuovo inizio

Nel 1987 Hideo Kojima iniziò i lavori sul primo capitolo di una saga che lo porterà a diventare una leggenda vivente. Parliamo per l’appunto di Metal Gear, la storia dell’agente segreto Solid Snake, il cui compito consisteva nell’infiltrarsi nella base di Outer Heaven per cercare di fermare l’arma nucleare chiamata Metal Gear. Il resto lo conoscete già…VERO? Il titolo uscì su MSX e si rivelò essere un successo inaudito, tanto da lasciare increduli chiunque ci mettesse le mani sopra, per via del gameplay basato sull’infiltrazione stealth, che per i canoni di allora era qualcosa di mai visto.

Spinto dalla sua creatività, poco dopo sviluppò un secondo progetto chiamato Snatcher, un gioco cyberpunk in stile Blade Runner, con delle atmosfere notevolmente influenzate dalla pellicola cinematografica che come protagonista vedeva un detective privato della sua memoria. Un titolo dalla trama densa e con dei tagli di ripresa in uno stile decisamente cinematografico; opera che divenne anch’essa una carta vincente per il game director.

Hideo Kojima

Metal Gear continuava nel frattempo la sua scalata di successo e i fan, rimasti impressionati da questa grande opera, richiedevano sempre più notizie in merito ad un sequel, nonostante il buon Kojima non ne sapesse nulla a riguardo. Konami, vedendo l’incredibile successo ed il grande lavoro del talentuoso game designer giapponese, ne rimase affascinata, tanto da ordinare rapidamente l’inizio dei lavori su Metal Gear 2: Solid Snake.

Dopo l’uscita di questo capitolo e a causa di alcuni problemi sorti con alcuni dei vertici di Konami, Hideo Kojima decise di accantonare la saga Metal Gear in modo da dedicarsi ad altre opere originali. Fino a quando non arrivò la console di Sony, la leggendaria PlayStation, e per l’autore fu un’occasione d’oro, tanto che decise  di realizzare una nuova IP, ovvero Policenatus, ennesima visual novel ambientata nello spazio che raccontava la storia di una speciale forza di polizia che si occupava di crimini spaziali. La giocabilità risultava molto profonda  e matura, tanto da mettere in risalto ancora una volta le sue grandi doti. A distanza di quattro anni, precisamente nel 1998, il director tornò ad occuparsi del suo primo amore, pubblicando per PlayStation il celebre Metal Gear Solid, il quale divenne uno dei più grandi successi della storia dei videogiochi fino a quel momento, grazie ad un’ eccezionale grafica poligonale, un doppiaggio realizzato da un cast cinematografico ed un gameplay con delle eccitanti fasi stealth.

Hideo Kojima

Il capolavoro di Kojima non solo spaccò in senso letterario le mascelle di ogni giocatore, ma divenne una delle punte di diamante della console, nonché una delle perle videoludiche del maestro. Negli anni a venire, Metal Gear Solid portò ovviamente ad un suo sequel, Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, il quale, grazie all’Emotion Engine di PlayStation 2, fece un grande passo in avanti dal punto di vista grafico, tanto da necessitare ben quattro anni di sviluppo. Sons of Liberty fu un titolo molto più maturo sul fronte tematico, difatti il gioco portò in se dei temi filosofici, una trama di grande rilievo ed un cast del tutto nuovo. Da molti fan questo cambio di registro non fu assai apprezzato, eppure riuscì ad entrare di peso nei cuori di tanti altri.

Nello stesso anno, senza sosta, si dedicò allo sviluppo di altri titoli di grande successo come Zone of the Enders, eccezionale titolo di combattimento con i mecha realizzato insieme a Shuyo Murata, e Boktai: The Sun Is in Your Hand per Game Boy Advance. Due prodotti che fecero parlare e far salire ancora una volta la grande notorietà del maestro. Fino a quando l’anno dopo, a sorpresa, arrivò l’uscita di un nuovo Metal Gear, che segnò un punto di svolta per la serie. Il terzo capitolo su PS2 fu un ritorno al passato, ambientato questa volta durante la Guerra Fredda che seguiva la vicenda di Naked Snake, il futuro Big Boss. Un titolo ispirato chiaramente ai romanzi di James Bond, con una storia canonica ricca di azione e che a rigiocarlo ancora oggi rimane inarrivabile. Non per altro, a giudizio di molti giocatori, Metal Gear Solid 3: Snake Eater rimane uno dei giochi migliori approdati sui lidi PlayStation, nonché uno dei migliori capitoli della serie (se non proprio il migliore).

Un cambio di rotta

Passano gli anni e nel 2008 Sony ci ricorda di acquistare la sua nuova console: PlayStation 3,  trainata dal quarto capitolo della saga principale di Metal Gear Solid, il mai troppo lodato Metal Gear Solid: 4 Guns of Patriots. La grafica subisce un cambio radicale, raggiungendo quasi i livelli di un’opera cinematografica, mentre la storia risolve alcune questioni che in passato erano rimaste in sospeso e ci mostra un Solid Snake invecchiato precocemente, stanco, incapace di trovare un suo posto nel mondo.

In vista del quarto capitolo della serie, Hideo Kojima fa sapere che questo avrebbe chiuso il cerchio della saga, mentre Konami, il publisher, non era esattamente d’accordo. Con il quarto episodio approdato sul mercato, Hideo Kojima decise di prendersi una boccata d’aria fresca e concentrarsi sullo sviluppo di altri progetti. Il director incominciò a collaborare con degli studi stranieri, tra cui uno spagnolo chiamato Mercury Steam, che in quel periodo stava lavorando a Castlevania: Lords of Shadow.

Hideo Kojima

Tra una sangria ed una paella, Kojima si occupò di dare vita al personaggio principale, Gabriel Belmont, supervisionando il lavoro svolto dagli attori in carne ed ossa, oltre all’adattamento giapponese del titolo. Poco più tardi, Konami, vedendo l’inattività del maestro, chiese notizie sullo sviluppo di un nuovo capitolo di Metal Gear. Fortunatamente, in quel periodo, il lancio della PSP di Sony stava riscontrando un grande successo, così il buon Kojima si mise a lavoro su un nuovo capitolo che fece uscire nel 2010 sulla console portatile, Metal Gear Solid: Peace Walker.

Sequel di Snake Eater, anch’esso venne ambientato nella Guerra Fredda, ma a differenza del precedente, qui il buon Snake poteva finalmente reclutare dei soldati e sviluppare armamenti, tutti aspetti che verranno rivisti in Metal Gear Solid V. Dopo l’uscita del titolo, per Hideo Kojima iniziò un periodo di forte transazione che lo porta a sedersi nelle sale di Konami e a ricoprire il ruolo di vice-presidente.

Nonostante la grande novità, alle porte di Konami bussò un nuovo Metal Gear intitolato Rising, ma questa volta senza Snake, bensì con Raiden protagonista. Il progetto non venne preso sotto mano da Kojima, ma dai ragazzi di Platinum Games, poiché nello stesso periodo il director si stava occupando dello sviluppo del tanto atteso Metal Gear Solid V.

Metal Gear Solid V: The Phantom Pain

Nel 2014, insieme al suo team Kojima Production, l’autore tirò fuori Metal Gear Solid: Ground Zeroes, una demo-prologo di The Phantom Pain che arrivò su console solo per poter dare un assaggio ai giocatori ed una vaga idea di quello che sarebbe stato il gioco finale. Purtroppo, nello stesso periodo in casa Konami, l’aria che si respirava di certo non era delle migliori, a causa delle accese discussioni tra la software house e le idee di Kojima in merito allo sviluppo di Metal Gear Solid V.

Poco più tardi, si venne a scoprire che il buon Kojima stava collaborando parallelamente con il regista Guillermo del Toro per sviluppare un nuovo titolo  dedicato ad uno dei franchise più amati dalla community, ovvero Silent Hills. I due, grandi amici nella vita quotidiana, pubblicarono la prima demo su PlayStation 4, P.T., che si dimostrò essere un grande successo, ma nonostante ciò il progetto con protagonista Norman Reedus non riuscì a prendere il volo. Dopo la rottura con Konami, Hideo Kojima arrivato all’eta di 52 anni,  decide di prendersi un po’ di tempo per sé stesso ed elaborare alcune idee.

Fino a quando nel giugno 2016 all’E3, il game director annuncia la collaborazione con Sony presentando la sua nuova IP, Death Stranding, con protagonista sempre Norman Reedus nei panni di Sam Porter Bridges, il cui scopo sarà di unificare la nazione dopo l’evento cataclismico avvenuto in origine negli ex-Stati Uniti. Death Stranding è stato un titolo che ha suscitato parecchio scalpore nella community, in particolar modo sul gameplay e sulla trama, ma si è rivelato anche un’opera mai vista prima, molto rivoluzionaria sotto molteplici aspetti.

D’altronde cosa ci si potrebbe aspettare dal maestro Hideo Kojima se non titoli di altissimo livello e del tutto criptici? Del resto parliamo di  uomo che nelle sue opere è riuscito ad introdurre in modo magistrale molti elementi cinematografici, rendendoli delle produzioni alla pari di molte pellicole di successo planetario. Un uomo che ancora oggi continua ad essere una delle persone più incredibili di sempre e che in futuro sarà ricordato come la leggenda del mondo videoludico. Chissà se lo vedremo mai anche dietro una macchina da presa nel settore cinematografico, il suo sogno da sempre. 

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Francesco Damiani

Appassionato di videogiochi e di cinema fin dalla tenera età. Crescendo negli anni ha incominciato studiarli e a comprendere tutto ciò che si cela dietro il processo creativo.