Hitman 3: la rinascita degli stealth game – Recensione
Spesso mi chiedo come andrebbe scritta una recensione. L’utente, oggi, ha modo di informarsi su qualsiasi cosa e il mondo dei videogiochi è diventato talmente tanto ridondante in alcune dinamiche che non ha davvero senso ribadirle.
Non ho assolutamente la minima intenzione di fare polemiche, ma mi è capitato di imbattermi in alcune recensioni che, nel paragrafo iniziale, raccontano la storia del franchise e della software house. Mamma mia! Non me ne vogliate, ma proprio non riesco più a leggere articoli di questo tipo. Quando apro una recensione voglio banalmente conoscere il pensiero dell’autore e non lo voglio trovare alla fine, soltanto dopo fiumi di caratteri contenenti informazioni già ben note e facilmente reperibili in rete. Onestamente pensavo che lo schemino “introduzione, storia, gameplay, grafica e commento” ce lo fossimo lasciato alle spalle. A quanto pare non del tutto.
Tanto per farvi un esempio, introducendovi questo benedetto Hitman 3, potrei dirvi che la trilogia era cominciata sotto l’ala di Square-Enix e poi, soltanto dopo, è finita nelle sole mani di IO Interactive. O ancora, che Hitman (2016) arrivò dopo un tiepido Absolution che tradiva un po’ le origini della serie. Che palle! Lo ripeto: non me ne vogliate, ma proprio non ce la faccio. E la cosa buffa è che anch’io ho scritto dei pezzi in questo modo, e in questo momento, nel tentativo di spiegarvi la mia opinione riguardo le recensioni, vi sto annoiando evitando l’argomento principale, ossia la mia opinione su Hitman 3. Fastidioso, non è vero? Un botto!
Benissimo, la smetto. Accantoniamo l’argomento; adesso vi parlo di Hitman 3. Bene, da dove cominciare?
Era meglio non provarci affatto
Ho passato l’ultima settimana ad esplorare i sei scenari che vanno a comporre quest’ultimo atto della trilogia, un trio di giochi che non ha mai saputo rapirmi per la qualità della sua sceneggiatura o delle sequenze d’intermezzo, e questo Hitman 3 non fa eccezione, ma proprio per niente. Sì, è vero, stavolta abbiamo delle cutscene renderizzate con il motore di gioco, non più della CGI di bassa qualità (Hitman) o bozzetti parlanti (Hitman 2), eppure il livello qualitativo è sempre lo stesso, se non più basso. E lo dico perché nel secondo, almeno, la volontà di non provarci affatto era palese; gli stessi sviluppatori stavano implicitamente ammettendo di non puntare affatto sulla componente narrativa, concentrando tutti gli sforzi su gameplay e level design. Stavolta, invece, nonostante le ambizioni siano rimaste le medesime, si sono messi in testa che Hitman 3 avrebbe raccontato la tragica conclusione di 47, il gran finale di una trilogia praticamente gameplay-only. Io boh, a volte proprio non riesco a comprendere gli sviluppatori: il team è indipendente e investe con molta calma i propri fondi. Non a caso, in modo molto furbo, ha costruito una trilogia nella quale ogni gioco è il “more of the same” del precedente. E va benissimo, credetemi: da Hitman 3 non volevo altro se non mappe ancora più belle e coinvolgenti, quindi per me hanno fatto centro, funziona alla grande. Fatevi solamente il favore di considerare poco la trama, di non riporre speranze in essa. Godetevi il gioco per quello che è, ossia uno stealth game arrivato in un periodo di assoluto vuoto per il genere.
Il more of the same più bello di sempre
Bene! Atto II, che introduco senza l’esistenza di un vero atto I. Va beh, poco importa: facciamo che il prologo dell’articolo si chiama “cose che non vorrei leggere nell’introduzione di una recensione”, il primo atto “le cose brutte”, mentre questo secondo “le cose belle.” Esatto, perché di robe belle – bellissime – vi parlerò.
Hitman 3 è uno stealth game. Prima l’ho definito così, giusto? Ed è corretto: è un gioco in cui bisogna nascondersi dal nemico, spesso in piena vista, evitando come la peste l’uso delle armi da fuoco. Niente di sbagliato, dunque, è proprio il modo giusto per definirlo. La verità, però, è che questo nuovo Hitman, così come i migliori episodi della serie, non è un banale videogioco con delle meccaniche furtive; è uno stealth, ma a modo suo. Praticamente non esiste nulla di paragonabile, perché nella stragrande maggioranza dei videogiochi di questo stampo si passa la maggior parte del tempo in copertura, oppure nascondendo i corpi dei nemici uccisi o storditi; in Hitman tutto questo c’è, ma arriva soltanto dopo minuti di camminate trascorse a studiare il nemico e l’approccio da utilizzare. Forse molti di voi non ci fanno tanto caso, anche perché il prodotto può essere affrontato in vari modi, ad esempio sfruttando le cosiddette “storie della missione”, un modo elegante per permettere al giocatore di sentirsi un po’ guidato e accompagnato durante l’esperienza (meno che negli altri due Hitman). Bisogna ammettere che stavolta le storie della missione sono talmente belle e sfaccettate che mi sento di consigliarle anche al purista di turno, magari nella seconda partita, ma se disattivate gli aiuti e aumentate la difficoltà, otterrete un’esperienza assolutamente unica nel panorama videoludico; un videogioco che spinge l’utente a ragionare come un vero e proprio killer che non vuole lasciare tracce. Sirene in sottofondo e TG5 pronto a rompere le scatole: “questo videogioco non va bene, è violento”. Certo, perché io, finito con Hitman 3, esco fuori e provo ad ammazzare qualcuno. Se non fossi sano lo farei, ma fortunatamente lo sono. Balle a parte, tanto questo articolo ne è pieno, cercate di comprendere l’unicità di questo prodotto e non mettetelo necessariamente in relazione con gli altri videogiochi. Le somiglianze ovviamente ci sono, non a caso alcune sfide impediscono al giocatore l’uso dei travestimenti (vero marchio di fabbrica della serie), obbligandolo a finire il livello con la sola suite di 47. In occasioni come queste è impossibile non paragonare il titolo ad uno Splinter Cell, tanto per fare un esempio, ma ricordatevi che quella citata prima è solamente una sfida, di conseguenza soltanto uno dei tanti modi per giocare Hitman 3, e non è nemmeno il più riuscito.
Gli scenari più belli della serie?
Rispondendo al titolo, assolutamente sì, o comunque tra i più belli. Muoversi fra gli enormi spazi di Hitman 3 regala soddisfazioni immense, una piacevolezza che raggiunge il suo apice quando si scoprono le migliori opportunità di approccio e gli ingressi più nascosti. Oltre ad un level design tra i migliori che abbia mai visto in uno stealth game, con una verticalità alle volte molto marcata, stupisce anche l’elevata differenziazione degli ambienti, capace di distaccarsi sempre di più, scenario dopo scenario. Tutto questo ben di Dio in grado di offrire svariate possibilità di gioco, è ovviamente popolato da NPC, nemici e civili, i quali non sempre sono accompagnati da routine (IA) brillanti. Spesso e volentieri capita di assistere ad alcune ingenuità; sbavature molto marcate, intendiamoci, ma che non impediscono alla produzione IO Interactive di sbocciare e farsi apprezzare. Molto probabilmente, per raggiungere una quadra anche per quanto concerne l’intelligenza artificiale, ci sarà bisogno di un nuovo gioco interamente costruito da zero e magari pensato appositamente per i nuovi hardware. Staremo a vedere, il candidato potrebbe essere il misterioso Project 007 del quale non vedo l’ora di conoscere i dettagli.
Un titolo cross-gen che sa il fatto suo
Ho completato tutti gli scenari di Hitman 3 su PlayStation 5 e sono stato piacevolmente travolto da un impatto grafico di tutto rispetto. Come da titolo, parliamo chiaramente di un progetto pensato per la scorsa generazione, che sui nuovi hardware dà semplicemente il meglio di sé e si esprime al massimo. Al di là di una risoluzione vicinissima al 4K nativo (1800p), stupisce tantissimo la fluidità del frame rate, praticamente inchiodato a 60; aggiungeteci anche un uso intenso di screen reflections e otterrete un titolo che non si fa mai richiamare in modo sgarbato.
Penso di aver detto tutto. Quando gioco e so di dover lavorare alla recensione non prendo mai appunti e mi affido alla memoria, quindi potrei aver dimenticato qualcosa. Ecco, manco il tempo di chiudere la frase e mi è già venuta in mente una cosa, anzi due: il supporto per il DualSense di PS5 è applicato solamente ai grilletti che restituiscono sensazioni molto piacevoli; e poi, concludendo davvero, la modalità Sniper Assassin, la quale è però praticamente identica a quella già vista in Hitman 2, sia negli scenari che nelle meccaniche di gioco, per cui non si tratta di una nuova aggiunta.
Perfetto, adesso penso di aver detto tutto. Banalmente non ricordo a che atto eravamo arrivati: c’era quello delle cose belle, l’altro delle cose brutte, e poi? Boh, alla fine là fuori ritroviamo produzioni arrivate con una struttura narrativa monca, del tipo: prologo, capitolo 1 e capitolo 2. Quindi chissenefrega, va bene così.
VOTO: 8,8
CONCLUSIONI
Con Hitman 3, IO Interactive segna il ritorno di un gigante e di un intero genere, quello degli stealth game. Al netto di problematiche legate alla componente narrativa, a mio avviso davvero mal pensata dall’inizio alla fine, e ad un’intelligenza artificiale ancora afflitta da parecchie ingenuità, l’ultimo atto della trilogia dedicata a 47 è un concentrato di mappe costruite ad arte, di possibilità sfiziose e mai banali, di tempi di attesa che esplodono in una sensazione di appagamento rara da riscontrare e, ciliegina sulla torta, ha una replay value impressionante.
Insomma, se da tempo bramate un titolo di tale portata, comprate questo Hitman 3 e non pensateci più.
Appassionato di videogiochi sin dalla tenera età. Ha sempre avuto un occhio di riguardo verso i titoli fortemente story driven e tra i suoi giochi preferiti ci sono assolutamente la saga di Metal Gear Solid e The Last of Us.