Little Hope – Recensione: il male ha un nuovo volto
Ecco il nuovo capitolo della raccolta The Dark Pictures Anthology
Fin dai tempi più antichi il Male ha assunto moltissime forme, prendendo le sembianze di bestie demoniache, figure umane deformate, streghe oppure si è manifestata nella possessione di fanatici religiosi e di oggetti di culto, come ad esempio le bambole. Al male non si può scappare, specie se va ad annidarsi nelle menti delle persone e negli angoli più tenebrosi delle piccole città, come accaduto nella Little Hope del nuovo episodio di The Dark Pictures Anthology (il primo fu Man of Medan).
Andando indietro nel tempo, nel 1600 Little Hope era conosciuta coma una città spettrale e macabra, che col passare degli anni e divenuta covo di tragedie e megere. Su di essa storie se ne raccontano e, tra le tante, quella avvenuta nel 1972, dove una famiglia perse la vita in un fatale incendio appiccato misteriosamente. Seppur non goda di una grande fama, come la città di Sale, la storia delle sue origini spinge i turisti a visitarla e volerne sapere di più sulle vicissitudini del posto; ed è qui che il titolo di Supermassive Games offre all’utenza una suggestiva esperienza di gioco a tema horror interattiva.
Signori e signori, benvenuti a The Dark Pictures Anthology: Little Hope.
Ritorno al passato
La storia ha inizio con un gruppo di quattro ragazzi universitari insieme al loro professore in gita a Little Hope, quando d’un tratto il pullman su cui si trovavano finisce fuori strada. Poche ore dopo dal tragico evento, i ragazzi risvegliatosi in mezzo al nulla e sconcertati dall’accaduto cercano di trovare una via di fuga, ma vengono braccati da delle presenze soprannaturali, tra cui una bambina con in mano una bambola. Il gruppo entra in contatto con gli spiriti del posto e riportati nell’anno 1692, periodo storico in cui vi era la Caccia alle Streghe.
In questo breve lasso di tempo, i cinque ragazzi saranno coinvolti nel cercare di risolvere il mistero che si cela dietro le esecuzioni avvenute a Little Hope, non sapendo che nel tentativo di scoprire la verità, interagiranno con i loro stessi di quell’epoca. Durante l’avventura noi giocatori verremo condotti nei meandri psicologici dei personaggi, portandoci a scoprire molti retroscena della loro vita. Ogni protagonista della storia è dotato di una specifica caratteristica comportamentale che con il progredire della storia potrà venire migliorata in base alle scelte intraprese che avranno un impatto non solo sull’arco narrativo ma anche nei rapporti con gli altri personaggi.
L’opera dei ragazzi di Supermassive Games, nonostante migliori narrativamente, purtroppo gode di una sceneggiatura poco efficace, con linee di dialogo spesso banali e con una caratterizzazione poco curata dei personaggi. Efficace l’atmosfera, che appare opprimente, oscura, inquietante e spaventosa.
La paura vien giocando
In Little Hope la paura verrà giocando poiché ,come da tradizione, verremo chiamati a vestire i panni di ogni protagonista di questa avventura horror. Come in Man of Medan e Until Dawn, nel corso della storia avremo delle fasi interattive caratterizzate da dialoghi molto lunghi, oltre ad una serie di sequenze QTE che richiederanno una particolare attenzione quando meno ce lo aspetteremo. Insieme ad esse, potremo impiegare il nostro tempo nella ricerca di collezionabili o di informazioni che ci aiuteranno a scoprire maggiori dettagli sulla vicenda. Tutti questi indizi potranno essere trovati ed esaminati durante la perlustrazione dell’area di gioco, a volte limitata e claustrofobica. Insieme a questi oggetti potremo trovare anche delle cartoline chiamate “Presagi di Morte“ che ci forniranno degli aiuti visivi su ciò che accadrà in futuro a seconda delle azioni che intraprenderemo.
Sebbene Little Hope sul fronte del gameplay non si vada a distaccare molto da Man of Medan o da Until Dawn è comunque capace di far vivere dei momenti di altissima tensione, grazie ad un bilanciato gameplay e dai dialoghi a scelta multipla studiato con cura (peccato quindi per la poca efficacia degli stessi). A differenza del senso di sfida che Little Hope offre nelle sequenze QTE, parso molto più basilare rispetto a quello di Man of Medan.
A rendere sicuramente più appagante l’esperienza è il multiplayer: offre una giocabilita inedita in cui si potranno scoprire delle nuove sequenze di gioco che completeranno l’arco narrativo, oltre a prolungarne la lore di diverse ore, rispetto a quella in singola la cui durata non va oltre le sei ore di gioco.
Una direzione artistica da cinema
Per quanto Little Hope mostri dei difetti sul fronte del gameplay, sul lato tecnico, in particolar modo sulla direzione artistica, ne esce a testa alta. L’aria che si respira sembra a tratti ricordare quella vissuta nei migliori Silent Hill. La nebbia che sovrasta la piccola cittadina è fitta da andare a coprire tutta la scena per far posto a delle ombre che più delle volte giocheranno dei brutti scherzi. La superficie di gioco e ricca di dettagli tanto da essere suggestiva. Riguardo invece le animazioni dei protagonisti, queste avrebbero richiesto una maggiore cura, come il doppiaggio in italiano che ancora una volta risulta essere inferiore rispetto all’originale.
Ottime invece le musiche che si confermano delle grandi compagne di viaggio, e ascoltate in cuffia trasmettono maggiormente le sensazioni di terrore e ansia.
VOTO: 7.5
CONCLUSIONI
Questo secondo episodio raccolto all’interno della The Dark Pictures Anthology si presenta bene, ma è ancora lontano da quello che potrebbe offrire questa antologia ludica a tema horror. La speranza è di vedere in futuro un terzo episodio che superi le grandi aspettative prefissate. Intanto, se ancora foste in dubbio sull’acquisto, vi invito a dargli una possibilità e vivere questa esperienza horror suggestiva e ricca di colpi da far crepare la pelle.
Appassionato di videogiochi e di cinema fin dalla tenera età. Crescendo negli anni ha incominciato studiarli e a comprendere tutto ciò che si cela dietro il processo creativo.